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Memoria vittime di mafia
“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.
Questa frase appartiene a uno dei maggiori eroi contemporanei, uno che non indossava maschera e mantello, ma portava sempre con sé un’agenda rossa: un modello per tanti, quel Paolo Borsellino che insieme a Giovanni Falcone è stato uno dei principali baluardi per la lotta contro la mafia.
Oggi più che mai vogliamo ricordare che quei due supereroi non hanno fatto tutto da soli, dietro di loro vi erano donne e uomini della scorta di tutte le età, appartenenti alle forze dell’ordine di ogni tipo e grado, ma anche gente comune, che poco aveva a che fare con quel mondo.
Un filo conduttore li unisce, vittime innocenti della mafia.

Il 23 maggio 1993, ad un anno dalla strage di Capaci, una donna lancia un appello a don Luigi Ciotti e piangendo disse: “Come mai mio figlio non viene mai nominato? È morto come tutti gli altri.”
Si chiamava Carmela, era la madre di Antonino Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, anche lui morto a causa della strage di Capaci, ma che veniva liquidato sotto l’espressione “I ragazzi della scorta”.

Da quell’occasione, il 21 marzo 1996 nascerà, a Roma, la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafie”, promossa da Libera e da Avviso pubblico.
“C’è chi morirebbe per le proprie idee” direbbe Willie Peyote, ed è esattamente quello che hanno fatto questi eroi.
Sono morti per combattere la mafia con ogni risorsa possibile.
Adesso sta a noi continuare a camminare con le loro gambe, perché “Gli uomini passano, le idee restano”.(Giovanni Falcone).

[Daniele Bruno]

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