2 aprile 2022
Il 2 aprile, da 37 anni, è per Trapani una data dolorosa, una data di memoria, di prese di posizione e di impegni: l’anniversario di quella che è passata alla storia come “la Strage di Pizzolungo”.
Il 2 aprile 2022 noi di Trapani per il Futuro lo viviamo nella nostra nuova sede: impegnati in pulizie e lavori per rendere fruibile questo spazio, non possiamo che pensare a cosa significhi la nostra presenza in questo luogo, in questa giornata più che in ogni altra.
Quella che oggi è la nostra sede e il Centro di Documentazione Contro le Mafie era infatti la casa del capo mandamento della mafia di Trapani Francesco Pace, posta sotto sequestro e inquadrata nel progetto di riqualificazione dei beni sequestrati alla mafia “DA COSA NOSTRA A CASA NOSTRA”.
Questo stesso spazio porta oggi il nome di Giuseppe e Salvatore Asta, i due gemelli che insieme alla loro madre, Barbara Rizzo, vennero fatti a pezzi dal tritolo destinato al PM Carlo Palermo. Oggi il loro nome e il loro ricordo è per noi un promemoria, un simbolo e un’ispirazione per il nostro impegno e il nostro lavoro nel sociale giorno dopo giorno.
Mentre lavoriamo per dare a tutti il benvenuto al Centro di Documentazione Contro le Mafie da Cosa Nostra a Casa Nostra “GIUSEPPE E SALVATORE ASTA” ci siamo chiesti come stiamo vivendo questo ricorrenza, a cosa ci fa pensare e come ci fa sentire essere così in contatto con una delle pagine buie della storia della nostra città, avendo avuto assegnato il compito di apportarvi nuova luce.
Ci è sembrato che il modo più idoneo a celebrare, da un lato, la memoria di questa giornata e a farvi conoscere dall’altro il nostro impegno fosse quello di raccontarvi una storia, anzi tre: una storia che parla del boss mafioso Francesco Pace, del prefetto Fulvio Sodano e di noi, ragazzi di Trapani per il Futuro, che lavoriamo insieme a tutta quella parte di società civile impegnata nella cittadinanza attiva e nell’attività antimafia.
Tre storie diverse che si incontrano e il cui epilogo è ancora da scrivere.
Francesco Pace, imprenditore, originario di Paceco
Il nome di Francesco Pace compariva già nel 1985 all’interno di un’inchiesta giudiziaria condotta dal PM Carlo Palermo che, partendo da un giro di fatture false e di banche, era arrivata ai purtroppo noti cavalieri del lavoro di Catania: Renzo, Graci e Costanzo. Viene arrestato una prima volta negli anni Novanta e successivamente assolto, liberato e risarcito con 130 mila euro con i quali giustificò, contabilmente, la sua presenza dentro una azienda di calcestruzzi.
Era presente quando Vincenzo Virga, il capo mafia di Trapani, decideva la spartizione degli appalti, e quando nel 2001 quest’ultimo viene arrestato, è lui a prenderne il posto quale capo mandamento di Trapani: fu Virga stesso ad indicarlo come suo successore, ma più del pizzino di questi fu il volere di Matteo Messina Denaro a rendere Pace il nuovo reggente della mafia trapanese. Il suo compito: trasformare il volto della Mafia di Trapani.
Fu così che nel 2001 Pace stabilì che era finita l’era dei “coccodrilli” (così erano soprannominati i Virga, perché ricorrevano fin troppo spesso alle maniere forti) e che era arrivato invece il tempo della “sommersione”, secondo i dettami del Capo dei Capi trapanese Matteo Messina Denaro.
La nuova mafia voluta da Messina Denaro era una mafia capillarmente infiltrata in tutti gli aspetti dell’economia pubblica e privata, ma invisibile, inafferrabile. Così il boss e imprenditore trapanese Francesco Pace trasformò Cosa Nostra a Trapani in una holding imprenditoriale, senza fare uso di armi ma utilizzando le stesse imprese come fossero armi, per minacciare e intimidire i concorrenti che volevano sfuggire alla stretta mafiosa.
Con questa nuova strategia il Pace riesce a raggiungere un duplice obiettivo: realizza un forte radicamento sul territorio trapanese, riprendendone il controllo e, allo stesso tempo, riesce a stabilire un collegamento con altri mandamenti, come Mazara del Vallo.
Il primo passo di questo processo di radicamento e trasformazione fu passare ad un sistema di “reclutamento” degli imprenditori ripulito di tutti i riti d’affiliazione, lontano dunque dalla mafia tradizionale: non più violenza e minacce se non come ultima spiaggia. Bisognava far capire agli imprenditori che pagare a Cosa Nostra la “quota associativa” era “conveniente”.
La mafia di Pace è una mafia che non ha bisogno di accoliti ma solo di sudditanze, connivenze, omertà e disponibilità. Tutte cose che agli effetti riuscì a reperire.
Don Ciccio Pace sarà capo mandamento dal 2001 al 2005 quando viene arrestato. Verrà condannato in via definitiva nel 2008 per associazione mafiosa ed estorsione. La sentenza di condanna, oltre a confermare definitivamente il ruolo di capo mandamento svolto dal Pace, ci restituisce un quadro chiaro di come la mafia moderna si sia fatta impresa, abbia preso il controllo delle società sul territorio, inquinato e manovrato gli appalti pubblici ed imposto forniture in un modo più elaborato e indiretto di concepire il racket. Tra il 2001 e il 2005, a Trapani, Pace e Cosa Nostra avevano insomma il dominio assoluto su tutte le fasi dei lavori, pubblici e privati.
A questo punto bisogna chiedersi come sia possibile che la mafia trapanese, messa in ginocchio fra il 2000 e il 2001 da arresti e condanne, alla deriva e senza un capo, abbia potuto con il solo Pace tornare a gestire un complesso sistema estorsivo e di controllo su imprese, appalti, spesa e opere pubbliche, potendosi permettere di utilizzare un metodo mafioso più moderno e raffinato, basato sull’intimidazione, senza che fosse necessario sparare anche un solo colpo di pistola.
La risposta ce la dà il PM Tarondo nella stessa sentenza di condanna del Pace:
“Quando si poteva consolidare una vittoria la compagine sociale si è arresa. A fronte di pochi uomini che lo Stato ha schierato contro la mafia, tanti altri cittadini e funzionari si sono posti “a disposizione” accettando Pace come interlocutore privilegiato.”
“Pace è il prodotto di una società malata che aspetta solo che si presenti una nuova figura di boss mafioso per tornare di nuovo ad asservirlo e riceverne un vantaggio.”
A questo punto la storia di Francesco Pace si intreccia anche con la storia di un altro uomo.
Fulvio Sodano, originario di Napoli
nominato Prefetto di Trapani nel 2000 dal Governo Amato II
Negli atti della vicenda giudiziaria che portò alla condanna di Francesco Pace ricorre anche il nome di “un uomo valoroso” che è servito da “argine al crimine organizzato e mafioso”: Fulvio Sodano.
Sodano fu un uomo dello Stato che si oppose al tentativo della silente mafia trapanese di intorpidire l’imprenditoria trapanese attraverso l’eliminazione della concorrenza locale. La vicenda riguarda
l’azienda Calcestruzzi Ericina, un’azienda già confiscata nel 2000 al mafioso Virga e che nei piani di Cosa Nostra doveva essere estromessa dal mercato, o riacquisita, al fine di non ostacolare il business criminoso nel settore.
Contrariamente al trend economico registrato dall’azienda prima della misura giudiziaria, dopo la sua confisca, la Calcestruzzi Ericina incontrò strane difficoltà nella vendita del calcestruzzo: nonostante la qualità dei materiali utilizzati ed il conveniente prezzo di vendita del prodotto rimase esclusa dal mercato.
Appena insediatosi, il Prefetto Sodano, notò come questa fosse una situazione ricorrente nella quale versavano gran parte dei beni confiscati alla mafia:
“Non appena assunte le funzioni di prefetto di Trapani mi resi conto che la situazione dell’amministrazione dei beni confiscati alla mafia era estremamente grave, nel senso che erano numerosissimi i beni confiscati ma mai assegnati e che molti di tali beni erano ancora nella materiale disponibilità dei soggetti mafiosi cui erano stati confiscati”.
Fu allora che Sodano decise di prendere posizione e, nel perimetro della legalità, di supportare la Calcestruzzi Ericina riuscendone a scongiurare una preannunciata chiusura:
“Decisi che un bene acquisito dallo Stato che aveva sia un forte valore simbolico sul territorio sia una incidenza importante in un settore strategico per la mafia quale quello del calcestruzzo, doveva essere salvato e diventare l’emblema della rivincita dello Stato sull’antistato”.
Ciò comportò il cambio di strategia di Cosa Nostra trapanese che, conscia del fallimento del piano di estromissione della Calcestruzzi Ericina e del ruolo concorrenziale che quest’ultima stava assumendo, provò ad acquisirla per il tramite di imprenditori ritenuti vicini agli ambienti criminosi.
Il prefetto si oppose nuovamente e la Calcestruzzi Ericina non fu venduta.
L’azione di Sodano creò molto fastidio negli ambienti mafiosi trapanesi, come confermato dalle frasi del boss Pace che vennero intercettate dai poliziotti della mobile di Trapani: “Il prefetto Sodano è tinto e se ne deve andare”.
Furono parole profetiche che anticiparono concretamente quella “cacciata” da Trapani che puntualmente avvenne.
Nel luglio del 2003 Sodano viene nominato prefetto di Agrigento e allontanato da Trapani nel pieno della sua lotta sul terreno dei beni confiscati alla mafia, a nulla valendo le sue rimostranze in ordine a tale trasferimento.
La decisione venne presa dal Consiglio dei Ministri del governo Berlusconi II, governo in cui la carica di Sottosegretario al Ministero dell’Interno era ricoperta da un esponente di spicco del centro destra trapanese: Antonio D’Alì. Quello stesso D’Alì che nell’ estate del 2021 è stato raggiunto da una condanna in secondo grado a 6 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo Sodano il controverso trasferimento era infatti stato deciso dallo stesso senatore trapanese del Pdl.
A Trapani Sodano aveva comunque tracciato la strada da percorrere per scardinare il trasversale sistema mafia-politica-imprenditoria nella provincia. Forse fu quello l’atto per il quale venne punito.
Sodano morì nel 2014 a 64 anni a causa di sclerosi laterale amiotrofica.
A questo punto Non possiamo fare a meno di notare un paradosso fin troppo presente nella società tutta e in quella trapanese nel caso specifico. Da un lato abbiamo il mafioso Ciccio Pace il quale, grazie ad una società di cittadini e funzionari che si sono messi a disposizione scegliendolo come interlocutore privilegiato, è riuscito non solo a riprendere le redini della mafia trapanese ma anche a radicarla e farla espandere. Dall’altro c’è Sodano, il “prefetto coraggioso”, uno di quei pochi servitori dello Stato che si sono opposti alla mafia e che lo Stato ha invece ripagato con l’allontanamento e l’abbandono alla macchina del fango e del discredito.
È difficile infatti non ricordare come nel 2005, di fronte alla richiesta di concedere la cittadinanza onoraria a Fulvio Sodano (richiesta proveniente dalla maggioranza del consiglio comunale), l’allora sindaco di Trapani Girolamo Fazio rispose con una ferma opposizione motivando che l’ex prefetto trapanese si fosse prestato a strumentalizzazioni politiche non meritevoli di tale riconoscimento.
Non possiamo negare come la politica e la società civile abbiano fallito, ma è a questo punto che la storia diventa anche la nostra.
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Oggi tocca a noi, ragazzi di Trapani per il Futuro, membri di tutte le associazioni, cittadini e politici, membri delle istituzioni e tutti coloro che si riconoscono nei valori sani della società.
Tocca a noi scegliere da che parte stare e impedire che quanto si è già verificato continui a verificarsi.
Tocca a noi formare quella società sana che si oppone alla mafia e che crea una rete di supporto per tutti quegli uomini di stato che combattono in prima linea.
Noi ragazzi di “Trapani per il Futuro” non vogliamo abdicare a questa responsabilità. È per questo che a Fulvio Sodano è oggi dedicato il nostro archivio: perché, anche se in maniera postuma, riuscire a rendere onore ad un fedele servitore dello Stato è un atto dovuto che crea speranza.
L’archivio è attualmente in fase di lavorazione ed è ospitato nella casa da cui scriviamo, che fu del boss Pace e che adesso è diventato il Centro di Documentazione contro le Mafie da Cosa Nostra a Casa Nostra “GIUSEPPE E SALVATORE ASTA”.
Il nostro impegno è adesso diretto a far sbocciare nuovamente, da questa terra bruciata da Cosa Nostra, i fiori della memoria, della coscienza antimafia e della riqualificazione: noi crediamo che dalla coscienza di quanto di sbagliato e deviato ci sia stato, o ci sia ancora, si possa sviluppare una società sana che si impegni a resistere, a coltivare il bene comune e la coscienza civica.
A piccoli passi ma sempre avanti.
“Il ricordo oggi lo si compie pensando e progettando le cose migliori già per domani” (Margherita Asta).
Francesca Strazzera e Luciano D’Angelo.
Fonti
https://www.comune.trapani.it/ente/sodano-favoreggiatore-dello-stato/ https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/2508-da-trapani-un-colpo-alla-mafia- sommersa.html
https://www.alqamah.it/2017/04/02/pizzolungo-trattative-dietro-a-quel-tritolo/ http://www.liberainformazione.org/2013/05/22/trapani-mafioso-riservato-imprenditore-condannato- a-sei-anni/
https://www.sos-donna.it/cascina-graziella-progetto-rinascita-donne/cosa-centra-la-mafia/ https://www.addiopizzo.org/public/liberainformazione_171108b.pdf